All’ingresso mi saluta Claudia Ronchi, la persona che mi ha scritto per invitarmi alla presentazione, del rilancio di tre magazine del gruppo: TuStyle, Donna Modernae Grazia, per un “riposizionamento che non ha precedenti nell’editoria italiana”.
Se non ha precedenti, vale la pena esserci, mi dico. Quindi eccomi qui, l’8 maggio, al terzo piano della Mondadori di piazza Duomo.
Mi consegna un foglietto con le credenziali di accesso al wifi e l’hashtag di riferimento #womenMag2013 che useremo per il live twitting.
Qui il primo dubbio della giornata: ma quando ti danno un hashtag devi per forza usarlo bene?
Mi riprometto di scoprirlo, intanto sulla porta aspetto pazientemente con
Benedetta Gargiulo che tre individui trionfali la smettano di farsi fotografare come superstar abbracciati a chicchessia.
Entriamo e facciamo come a scuola: poltrone in fondo dove poter chiacchierare senza farci beccare.
Sembra di essere dentro al Diavolo Veste Prada, commento su twitter, ed è proprio così: tutte e tutti con il completo giusto, oppure in casual finto casual che in realtà è ricercatissimo, scarpe che vedi solo sulle riviste di moda (sarà per questo che sono qui queste persone?) e trucchi naturalissimi che costano ore di posa perché non si veda che siano trucco.
Io nella mia mise “ho altro da fare” mi accascio su una sedia e guardo il fantastico circo mediatico tutto attorno: lavoro in comunicazione, è un lancio, stupitemi.
Comincia l’AD di Mondadori, Ernesto Mauri. Carismatico all’inverosimile, il classico cliente che adorerei vedere da vicino per studiarne manie e tic, parte dicendo che è piacevolmente stupito nel vedere così tante donne. Sai com’è: siamo il target, e ci avete invitate voi. Mi parte un tweet al proposito. Forse dopo dei cecchini mi verranno a cercare per accompagnarmi fuori.
Si susseguono altri due uomini, Carlo Mandelli, direttore generale periodici Italia, ci annuncia che la parola chiave è “discontinuità col passato”. Molto bene. E allora vorrei capire come mai ci sono uomini e non donne a raccontarmelo.
Ma pazienza.
Poi è la volta di Angelo Sajeva, AD Mondadori pubblicità, che racconta di ben 29 pagine in più di pubblicità.
“Non sono giornali, ma un nuovo modo di vendere pubblicità” Dice.
Parla di òsmosi tra media. E penso che uno che viene pagato così tanto dovrebbe sapere che si dice osmòsi. Invece insiste con l’òsmosi per ben due volte, e io penso a quante volte i suoi collaboratori gliel’hanno sentito dire senza che nessuno l’abbia corretto. Perché?
Non twitto la correzione perché già lo so che da qui in poi non mi inviteranno più neanche a un the per il lancio di “cani e guinzagli”
Comunque l’òsmosi riguarda campagne stampa lancio classiche più sostegno web e social.
Peccato che non ci siano spot da vedere, non ci siamo le campagne stampa da vedere, e neanche uno straccio di minipresentazione animata della strategia social. Niente di niente. Se serviva una mano, bastava chiedere.
In tutto questo non posso che fare subito un calcolo matematico semplicissimo. Tre su tre sono uomini nelle posizioni più alte, quelli col biglietto da visita migliore. E le donne?
Le donne arrivano dopo. E sono le tre direttrici delle testate:
Marina Bigi di TuStyleMagazine, Annalisa Monfreda di Donna Moderna, e Silvia Grilli di Grazia.
Ve lo anticipo: mi sono piaciute.
Loro, non le testate. Loro proprio. È a loro che dovrebbero fare un monumento. Loro che sono lì, nonostante dei capi dalle voci altisonanti che snocciolano cifre e ogni tanto le interrompono nel momento meno opportuno.
Loro tre che non sbagliano un accento, nonostante siano emozionate.
Loro tre che sono, a modo loro, donne diversissime e di successo ciascuna seguendo un proprio percorso. C’è la mamma, quella che vorresti come amica, e quella che invidi già solo per il vestito che indossa e che vorresti avere tu. Donne, diverse, ma in carne e ossa. Donne felici di fare quello che fanno, e si vede.
Che cosa c’è nelle nuove riviste? L’imperfezione, pare. In teoria la normalità, il divertimento, l’interazione più forte col pubblico per decidere come scalettare i contenuti, l’attualità, come il femminicidio.
Ecco, un piccolo dubbio ce l’ho, a questo punto. Se non fosse stato di moda parlarne, l’avrebbero trattato lo stesso?
Le riviste sono diverse da quello che erano? Non lo so, apprezzo gli intenti, loro che le hanno curate certamente sentiranno una zampata diversissima, vedranno differenze in ogni virgola, ma sfogliandole non mi sono sentita avvolgere da questa assoluta novità.
C’è l’oroscopo, il test, le notizie di cucina e le pubblicità delle creme snellenti, un po’ del solito “ce la faccio a fare tutto col sorriso sulle labbra”. Ecco, ma se provassimo a non fare tutto col sorriso sulle labbra?
Però c’è anche un pezzo firmato dalla Murgia, e allora mi risollevo nella speranza che queste voci femminili, nei giornali, diventino più forti.
Ci vorrei vedere ancora meno patinatura e molto più loro, le direttore, queste donne, nelle riviste che guidano.
Finita la presentazione mi dileguo, lascio tutti a picchiarsi attorno al light lunch evitando che qualcuno mi riconosca come l’autrice dei tweet al vetriolo.
Chissà che tra qualche anno mi invitino di nuovo e possa vedere una o tutte e tre ai posti più alti della Mondadori.
Lo spero. Anche perché sono certa che nessuna direbbe òsmosi al posto di osmòsi.