Pare che quando uno non riesca a scrivere, l’unico antidoto sia scrivere.
Di una cosa qualunque. O di un tema stupido.
Scrivere. Anche male, anche cose senza senso, ma scrivere.
IO sto scrivendo.
Non un romanzo.
Non so cosa.
Sono pagine. Ci sono appunti, racconti, temi sparsi.
Anche oggi avrei scritto volentieri, ma il bar è chiuso.
Il bar è un ottimo posto dove stare, con dei bei rumori di sottofondo e il rispetto assorto di chi guarda cosa stai facendo. Quando scrivi al bar, la gente ti rispetta. Più che non farlo in biblioteca.
Stai facendo la cosa giusta nel posto sbagliato. E’ come fare un ritratto. O scattare una fotografia.
E loro sanno che rischiano di finire nell’obiettivo. Allora si impettiscono e cercano di venire fuori bene.
C’è chi parla piano. Chi ti guarda. Chi si domanda cosa fai. Chi si avvicina e ti da’ solo una pacca sulla spalla, per non disturbare.
I gestori del bar annuiscono.
Il cappuccio che prendo per occupare loro mezz’ora buona di tavolino, basta per sopportarmi.
Sono l’attrazione del paese. Il motivo d’orgoglio. Una specie di monumento da fanfara.
Scrivere ti mette nella posizione di essere qualcosa di più.
Sei aspirazionale.
Scrivo.
Scrivo pagine senza senso che forse un giorno ne avranno.
Scrivo.
Scrivo anche di quelli che ho attorno e che si danno da fare per darmi una mano.
E mi accorgo che quando scrivo non ho pietà.
Nè gratitudine.
Scrivere tira fuori ogni parte affilata di te.
Scrivere vuol dire parlare male di tutti. Non lo fai apposta. Ma lo fai.
Perché scrivi cose vere.
E il vero non è mai bello. Nè grato.
Il vero è sporco. E purtroppo è sempre molto, troppo , vicino all’originale.
Avrei detto, invece, che il vero è una voce irriverente e cristallina, la tua, credo.
Marcella
Troppo buona : )